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Storia del vino in Portogallo

Dalla mitica civiltà di Tartesso fino ai giorni nostri

L’origine della coltura della vite nella penisola iberica risale all’antichità classica, quando la regione fu influenzata dalla presenza dei Fenici, dei Greci e dei Celti, antiche civiltà in cui il vino ebbe un ruolo fondamentale. Tuttavia fu con i romani che il Paese si affermò come un grande produttore di vino, in risposta alla domanda sempre crescente dell’enorme popolazione dell’Impero. Con l’avvento del cristianesimo, la cultura della produzione e del consumo della bevanda rimase forte, poiché il vino continuò ad essere prodotto dagli agricoltori durante tutto il Medioevo e utilizzato come rituale durante le messe cattoliche. Grazie alla navigazione, il vino portoghese si diffuse in tutto il mondo, trasportato da caravelle, o da navi destinate alle missioni dei gesuiti verso i nuovi continenti. Nel 1756 nacque la prima regione di produzione vinicola al mondo, la regione del Douro, creata da Marquês de Pombal. Nel 1867, la peste di Filossera, che apparve anche nella regione del Douro, devastò tutti i vigneti del paese e del continente europeo, paralizzando completamente la produzione di questo settore. Tuttavia dopo la ripresa da questa piaga, il Portogallo subì un’altra regressione. Infatti la dittatura che si affermò nel paese, impostò il grano come principale prodotto di esportazione, mettendo così in secondo piano la produzione enologica. L’evento che determinò la nuova spinta portoghese, fu l’ingresso della nazione nell’Unione europea, nel 1986. L’Unione Europea incise principalmente sulla tecnologia utilizzata nella produzione avviando così il Paese verso un’epoca ricca di successi.

Storia del vino in Portogallo

2000 a.c.
Avvolto nel fascino di miti e dubbi, l’origine dei vini in Portogallo sembra risalire al 2000 a.C. circa, quando la mitica e ipotetica civiltà di Tartesso prosperava usando come moneta di scambio, il vino prodotto da viti piantate nelle Valli del Tago e del Sado. Vero o no, il fatto è che da allora, e con molteplici influenze da parte di Fenici, Greci e Celti, la cultura della vite e il ruolo del vino divennero sempre più importanti fino ad assumere una rilevanza crescente nella tradizione e nella cultura della popolazione. La presenza dei Romani nella penisola iberica determinò il consolidamento della produzione vinicola in Portogallo e contemporaneamente lo sviluppo di Roma. Appena aldilà della penisola iberica, superato il Mediterraneo, i consumi di questa bevanda aumentarono vertiginosamente, richiedendo una produzione sempre maggiore e a cui molto spesso i vigneti portoghesi locali non erano in grado di soddisfare la domanda. Per questo motivo le colonie romane svolsero una funzione fondamentale, venendo sempre più sfruttate per la coltivazione della vite, garantendo all’impero un’abbondante quantità di vino. La grande espansione del cristianesimo nel VI e VII secolo, fu decisiva per allargare gli orizzonti del vino, dandogli un valore simbolico estremamente importante e ampliandone portata e consumo.
Anche i Barbari assimilando la cultura e la religione dei romani e iniziarono ad utilizzare il vino, considerandolo una bevanda consumata da popoli civilizzati ed emancipati.

VIII secolo
Tra l’VIII e il XII secolo, che fu un periodo caratterizzato dall’influenza araba e da una cultura che proibiva severamente il consumo di bevande fermentate, la cultura della vigna e la produzione di vino rimasero curiosamente immutate.
La fondazione dello stato del Portogallo avvenuta nel 1143, e la conquista dei Mori di tutti i territori portoghesi nel 1249, permisero l’installazione di ordini religiosi, militari e monastici, che divennero in breve tempo, centri attivi di colonizzazione agricola. L’importante ruolo che il vino assunse nelle cerimonie religiose favorì la coltura della vigna e del vino che iniziò dunque a far parte della dieta dell’uomo medievale. Lentamente, i vini portoghesi guadagnarono buona notorietà e nella seconda metà del 14 ° secolo, la produzione visse una fase di grande sviluppo ed esportazione.

XV secolo
Il XV e il XVI secolo segnarono in modo incisivo l’espansione portoghese e un’evoluzione decisiva nella storia del vino.
Trasportati nelle caravelle essenzialmente come zavorra, i vini liquorosi invecchiarono nelle botti sparse nelle stive dei galeoni, dove il tempo, il calore e l’equilibrio del mare fecero un piccolo miracolo.
Durante i viaggi di ritorno infatti, i vini invecchiarono, diventando di qualità unica ed elevandolo così, come bene prezioso a peso d’oro. Grazie alla prima scoperta dell’invecchiamento del vino, che lo rendeva molto più buono, Il prodotto invecchiato venne chiamato Roda o Torna Viagem.è proprio grazie a questa casualità che i portoghesi scoprirono, ed iniziarono ad approfondire, il prodigio dell’invecchiamento.
A metà del XVI secolo, Lisbona era il più grande centro di consumo e distribuzione del vino nell’impero e il vino portoghese raggiunse i quattro angoli del mondo. Nel diciassettesimo secolo, una serie di reperti geografici, diari e racconti di viaggio, furono fondamentale per comprendere il percorso storico delle aree viticole portoghesi. Ormai il loro vino era diventato prestigioso.

XVIII secolo
Nel 1703 tra Inghilterra e Portogallo venne stipulato il trattato di Methuen che prevedeva l’ingresso del Portogallo nella coalizione antiborbonica e stabilì allo stesso tempo, i regolamenti degli scambi commerciali fra le due nazioni.
Dopo la stipulazione del trattato, il Marchese di Pombal decise di adottare misure di politica protezionistica nel settore della viticoltura che rivolse particolarmente alla regione dell’Alto Douro e al famoso vino Porto.
Il 10 settembre 1756 fu creata la Companhia Geral da Agricultura das Vinhas do Alto Douro, che disciplinava la produzione e il commercio dei vini all’interno della regione. Di fatto si occupò, di stabilire i confini della regione stessa che fino ad allora non ancora stata delineata.

XIX secolo
Il XIX secolo segna un periodo oscuro per la viticoltura portoghese.
Inizialmente ci fu una devastazione causata dalla muffa che è stata seguita dalla ancor peggiore fillossera della vite, un insetto che attacca le radici della pianta, provocando in breve tempo gravi danni alle radici e la conseguente morte della vite. Questo insetto apparve per la prima volta nella regione del Douro nel 1856 e si diffuse rapidamente in tutto il paese, devastando la maggior parte delle regioni vinicole. Colares fu l’unica eccezione, poiché la zona è caratterizzata da suoli sabbiosi che la fillossera non riuscì ad attaccare, infatti le sue vigne rimasero intatte e coltivate tutt’oggi. Una volta superata questa fase critica, la produzione di vini portoghesi iniziò a riprendersi e i vini portoghesi tornarono in piena fase produttiva.

XX secolo
Nel XX secolo, il rigore dell’Estado Novo 1926-1974, preservò il settore vinicolo stabilizzando una certa fermezza nell’andamento del settore. Negli anni ’30, iniziò anche la regolamentazione di diverse denominazioni di origine portoghesi, come ad esempio: Moscatel de Setúbal, Carcavelos, Colares, Dão, Vinho Verde e Madeira che poi si unirono ai vini da tavola Porto e Douro.
Nel 1933 fu istituita la Federazione dei produttori di vino del centro e del sud del Portogallo, concentrata principalmente alla regolarizzazione del mercato.
Nel 1937, il National Wine Board gli successe, un organismo con una portata più ampia e con una forte componente cooperativa. L’intervento di questa istituzione, stabilì l’equilibrio tra offerta e smaltimento, tra evoluzione delle produzioni e lo stoccaggio delle eccedenze, accumulati in anni di grande produzione. Il fine fu quello di garantire un risarcimento, per gli anni in cui ci fu scarsità produttiva. Durante il governo di Salazar, fu incoraggiata la coltivazione di più uve commerciali e nel 1974 dopo la Rivoluzione dei Garofani, si iniziò ad incoraggiare maggiormente la coltivazione di varietà di uva regionale. Nel 1986 si aprì una nuova era, molto significativa per il mercato del vino portoghese.
Come principali novità, possono essere evidenziate:
– L’allora Junta Nacional dos Vinhos venne sostituita dall’Instituto da Vinha e do Vinho (IVV). L’IVV è un’organizzazione che si adattò alle nuove norme della recente politica di mercato, stabilite dalla Comunità Economica Europea.
– le regioni del vino furono definite e ne furono delineate di nuove.
– La legislazione comunitaria armonizzò il concetto di Denominazione di Origine e regolamentò il “Vino Regionale” . Vale a dire, vini da tavola con indicazione geografica, rafforzando la politica di qualità dei vini portoghesi.
– A causa della crescente produzione di vini e della difficoltà nella gestione della loro qualità, vennero costituite le Commissioni Vinicole Regionali, associazioni di diritto privato con carattere interprofessionale.
Vale anche la pena notare che in questo periodo, i sussidi comunitari permisero di effettuare grandi investimenti, sia nei vigneti che nelle cantine, aumentando l’attività del vino e consentendo un significativo aumento della qualità di quest’ultimo. Dopo l’adesione del Portogallo alla CEE, ci fu una notevole rivoluzione in questo mercato. Numerose proprietà private progettarono strutture per produrre e imbottigliare i propri vini, invece di consegnare le loro uve o vini a cooperative e grandi aziende. Le cantine così iniziarono ad avere tecnologie più moderne. Si iniziò ad avere rigorosi standard di controllo della qualità e a produrre buoni vini, come mai prima d’ora. Presto questi prodotti entrarono a far parte dello scenario internazionale e della competizione vinicola a livello mondiale.

OGGI
Attualmente, il paese ha diverse tipologie di cooperative che si occupano di questo settore. Sono infatti operative sul territorio, sia piccole cooperative di qualità eccellente che grandi aziende già affermate e di successo. C’è da sottolineare che negli ultimi decenni, vi è stata anche una crescita notevole del numero di piccoli produttori indipendenti. Anche per quanto riguarda i vigneti, il panorama si presenta eterogeneo. Sul territorio infatti sono presenti vigneti nuovi e moderni, composti da vitigni selezionati in base ai mercati attuali, ed altri invece che hanno vitigni con quasi un secolo di vita. Questa categoria pur avendo una bassa resa, ha un’alta concentrazione aromatica, per questo è considerata pregiata. Le nuove generazioni continuano a rilevare l’attività di famiglia e traggono vantaggio dall’esperienza dei loro predecessori. Tuttavia permane una differenza. La nuova generazione di viticoltori è altamente qualificata e ha un nuovo status professionale nel commercio vinicolo. Sono viticoltori ed enologi appassionati per la moderna vinificazione, ma che allo stesso tempo eccellono nella preservazione della tradizione di questo antico lavoro.

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